Gli artisti sono gli uomini del ritorno. Di Salvatore Davì Nel 1969 Giulio Carlo Argan scrive La Storia dell’Arte, un saggio che apre il primo numero della rivista omonima.
Un saggio scritto senza vezzi estetici e senza quelle frasi che si usano, come incisi narrativi, per ammorbidire i periodi troppo lunghi e contorti. In compenso, l’autore concede al testo l’apertura di parentesi, che si aprono come sabbie mobili, entro cui ti ritrovi senza nemmeno sapere come. Nessun accapo e nessuna virgola per chilometri di parole. Ti ritrovi lì, da solo, in una proposizione subordinata da cui non torni più. Una battaglia per la storia dell’arte sul campo minato della storia universale, entro cui Walter Benjamin era già entrato in avanscoperta nel 1939, con la stesura delle tesi Sul concetto di storia, che vedono la luce con la prima pubblicazione nel 1942, in un fascicolo ciclostilato prodotto dall’Istitute of Social Research a Los Angeles, dal titolo Walter Benjamin zum Gedächtnis. “Arte e progresso” a margine di Gombrich – ZENIT – Italiano. Abbiamo visto come il mito del progresso sia stato messo in crisi dal disvelamento delle sue implicite ambiguità, e tuttavia abbiamo anche notato come continui a persistere, soprattutto nella storicizzazione delle arti.
Alcune notazioni di Gombrich, possono aiutarci nella riflessione sul ruolo del mito del progresso nella storia delle arti[1]. Gombrich, infatti, ha messo in evidenza che il progresso continua ad essere un’idea indispensabile, sebbene sia portatrice di esiti paradossali, infatti chi sostiene il progresso appare antiprogressista e, viceversa, chi lo avversa appare progressista: « Oggi la fede nel progresso è in piena crisi, e noi la stiamo vivendo. Eppure, prescindere dall’idea di progresso per noi non è nemmeno pensabile. È noto in quale misura essa polarizzi ancora le ideologie e i partiti politici. In ciò noi restiamo pur sempre eredi del XIX secolo, che a sua volta risentiva il potente influsso della Rivoluzione francese.
. [1] Per quanto segue, cfr. . [2] E. Lo sviluppo dell' idea del Rinascimento - Storia dell'Arte.eu. «Nella 121a Olimpiade (cioè dal 296 al 293 a.
C.) l'arte finì, e poi rivisse nella 156a Olimpiade (cioè dal 156 al 153 a.C.)». Questo laconico passo di Plinio (Naturalis Historia, XXXIV, 52) è certo, a causa della parola-chiave revixit (rivisse), uno dei testi più influenti di tutta la tradizione storico-artistica occidentale. Fra tutti gli echi (e i fraintendimenti) di questo passo, nessuno è tanto importante quanto quelli che troviamo nelle pagine di Lorenzo Ghiberti. Nel primo Commentario, la trattazione del l'arte antica ne include anzi una traduzione letterale: «E di poi mancò l'arte: e da capo rinacque» (si noti che revixit è reso non con "rivisse", ma con "rinacque").
È questo il modello narrativo che Ghiberti applica quando viene a parlare della transizione dall'antichità a quello che noi chiamiamo Medio Evo: «Al tempo di Costantino imperadore et di Silvestro papa sormontò sù la fede christiana. Il progresso astratto dell'arte. Entropia e progresso tra le varietà dell'astrattismo “Nescis quid Vesper serus vehat” (Virgilio, Georgiche; Varrone, Satire Menippee) Ernst Gombrich si domanda come sia stato possibile giungere a concepire la vita artistica dei nostri tempi sotto il segno dell’idea di progresso.
Lo storico viennese Hans Tietze, si chiede a sua volta come sia possibile che un linguaggio artistico nato appena una dozzina di anni prima possa essere considerato superato. Alla fine degli anni venti del Novecento, lo stesso Tietze individua nello storicismo – termine che usa grosso modo nella stessa accezione con cui lo usa Popper – l’origine di questa inarrestabile propensione. Nel Postscriptum alla sua Storia dell’arte, è sempre Gombrich a far osservare come gli artisti rappresentino ormai, secondo l’opinione di una vasta minoranza, “l’avanguardia del futuro”, tanto che rischierebbe di apparire ridicolo chiunque non dovesse apprezzarli a dovere. Ci sono tuttavia tanti diversi modi d’astrarre. È Theodor W. Video di arte - Didatticarte. Questo blog ha uno scopo puramente didattico e divulgativo.
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