Kurdistan tra acqua e petrolioViaggio nel Paese che non c’è. Una città che non ci sarà più, in uno stato che non ci sarà mai.
Sembra un destino già scritto quello di Hasankeyf. Duemila anime, nel Kurdistan turco, a pochi chilometri dal confine con la Siria e con l’Iraq, dove le acque del Tigri brillano al sole e accarezzano le rovine millenarie dell’antica Mesopotomia. Il caldo torrido brucia la terra mentre un pastore spinge il suo gregge di capre e i bambini si tuffano nel fiume.
I massacri di Isis e l’orrore negli occhi dei profughi che scappano dagli uomini da Al Baghdadi paiono lontani anni luce, quando il muezzin chiama per la preghiera di mezzogiorno. Un pastore, un campeggio e una diga da 138 metri I jihadisti stanno avanzando, conquistano pozzi petroliferi e dighe in Iraq. «Sono arrivati gli ingegneri, hanno costruito questi nuovi appartamenti dall’altra parte del fiume. «Abbiamo aperto un campeggio per quei turisti che passano da qui», dicono due ragazzi vicino al fiume. Un bastione contro la geopolitica. IL KURDISTAN NON È VICINO. LE RIVENDICAZIONI DI AUTONOMIA che per decenni partiti e movimenti curdi hanno espresso nella regione a maggioranza curda tra Turchia, Siria, Iraq e Iran hanno trovato per la prima volta spazio nel parlamento di Ankara con la vittoria elettorale del Partito democratico dei popoli (Hdp) di Selahattin Demirtas ̧, che ha ottenuto il 13% dei voti e 80 deputati alle elezioni parlamentari del 7 giugno 2015, superando il 90% in alcune province governate dal partito Pace e democrazia (Bdp).
Questo successo ha impedito al presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, di ottenere la maggioranza assoluta in parlamento, per procedere alla formazione di un governo monocolore del partito Giustizia e sviluppo (Akp) e promuovere riforme costituzionali in senso presidenzialista. I lunghi colloqui per la formazione di un esecutivo di coalizione sono stati segnati da una sequenza di attentati che hanno colpito sia le forze di sicurezza turche sia attivisti curdi. Si fa presto a dire Kurdistan. I curdi sono un’etnia che abita le regioni montuose a cavallo tra Turchia, Iraq, Siria, Iran e Armenia.
Spesso ci si riferisce al loro territorio con espressioni come “enclave” e “regione autonoma” oppure usiamo il termine “Kurdistan” associato a uno di questi quattro Paesi. Mai una volta, invece, abbiamo sentito la parola “Stato curdo” perché il Kurdistan non è uno Stato. Ed è proprio questo il problema, il dramma se vogliamo, che attanaglia questa popolazione. I curdi sono in totale circa 30 milioni di persone, la maggior parte delle quali vive all’interno del territorio turco, e costituiscono il quarto gruppo etnico in Medio Oriente. La loro storia è caratterizzata da nomadismo: storicamente i curdi erano pastori erranti che pascolavano per le pianure della Mesopotamia e gli altopiani che vanno dalla Turchia sud-orientale fino all’area sud-occidentale dell’Armenia. I curdi non hanno una vera e propria lingua né un’unica religione, sebbene per la maggior parte siano musulmani sunniti. Cosa succede in Turchia, dall'inizio.
Sabato ad Ankara 97 persone sono state uccise e quasi trecento sono rimaste ferite nell’attacco più grave nella storia della Turchia, arrivato in un momento di grave crisi politica, sociale ed economica per il paese.
Al momento la Turchia è praticamente in guerra con il PKK curdo, ha una situazione economica molto fragile e non ha un “vero” governo dalle ultime elezioni politiche del giugno 2015 (una nuova elezione è prevista per l’1 novembre). L’attentato non è stato rivendicato e l’elenco dei possibili responsabili che ha fatto il primo ministro Ahmet Davutoğlu restituisce l’idea della situazione in cui si trova oggi la Turchia: Davutoğlu ha inizialmente citato fra i possibili colpevoli PKK, ISIS e gruppi di estrema sinistra, mentre lunedì ha detto che è l’ISIS il principale sospettato per gli attentati. Secondo i leader e gli attivisti curdi i responsabili appartengono però ad un’altra forza ancora: i servizi segreti deviati in collaborazione con gli estremisti di destra. Donne-curde. JE1502_dorigo. Mc05-2015-kurdistan.